
Ma proprio perché dobbiamo guardare con un occhio all’Italia e con l’altro all’Europa, c’è da pensare a quel che accadrà subito dopo le dimissioni di Berlusconi. Anche qui le ipotesi sono essenzialmente due. Quella delle elezioni anticipate è la via caldeggiata da Pdl e Lega, e hanno buone ragioni per farlo. Le prossime elezioni le hanno già perse, quindi continuare a reggere per i denti l’anima di questa legislatura non si capisce a chi giovi. Con un restyling di facciata, Alfano al posto di Berlusconi, e una fase di forte instabilità sociale, alla quale andremo incontro non appena verranno attuate le misure economiche che l’Europa ci chiede, avranno vita facile nella lotta a coltello con i loro avversari. D’altro canto il Terzo Polo non sapendo ancora se allearsi con qualcuno e soprattutto con chi, è quello che rischia di pagare il prezzo più alto per l’instabilità politica di questo momento (un momento che dura dalla Costituente, per inciso). È per questo che le opposizioni pensano ad un governo tecnico guidato da Mario Monti, persona dalle indubbie qualità e che gode della fiducia di tutto il panorama politico. La sinistra avrebbe in tal caso altro tempo per riorganizzarsi, o meglio di organizzarsi per la prima volta dacché non si è mai data un vero e proprio garbo politico. In effetti, la sinistra ancor prima di vincere le elezioni quasi fa rimpiangere il dimissionario Berlusconi che un’unità d’azione, se non sulla base degli intenti, per lo meno su quella dei compensi, l’aveva tuttavia raccattata. Al netto dell’ironia, un governo tecnico darebbe tempo a Bersani di costruire una valida alternativa, che per ora, checché se ne dica, non c’è.
Nel caso di un governo Monti, lamentano però alcuni, la scelta di un uomo esterno agli schieramenti partitici sarebbe la certificazione tombale dell’incapacità di questa classe politica di risollevarsi da sola. Inoltre, un governo di larghe intese sarebbe la morte della martellante illusione che ci hanno propinato fino ad oggi sull’imprescindibilità del bipolarismo. Ebbene, siamo arrivati per l’ennesima volta a due conclusioni che davamo già per acquisite. Il prima è che questa classe politica va definitivamente accantonata per fare spazio a una nuova. E l’altra è che, ad oggi, l’Italia non è pronta per un vero bipolarismo, la nostra tradizione partitica e politica ancora non ce lo consente. Che questa classe politica abbia fallito tutti i programmi che si era prefissata, è sotto gli occhi di tutti. Qualcuno storce il naso, però, quando si spera in un'intromissione dell’Europa negli affari politici interni. L’impotenza italiana di risollevarsi da sola sembra più che un rammarico, una constatazione a cui non si può e non si deve sfuggire. Le stesse dimissioni di Berlusconi non sono arrivate alla fine di una manovra politica tutta italiana, quanto per un imposizione perentoria dei mercati, che del modo di fare italiano ne hanno già piene le scatole.
L’Europa in effetti è per l’Italia quello che la suocera è per le giovani coppie da poco sposate: un fastidioso personaggio che gira per casa, e che non vediamo l’ora di mettere alla porta, se non fosse che senza di lei non sapremmo come riportare a casa i bambini dalla scuola. I bambini, per inteso, siamo noi italiani.
Nessun commento:
Posta un commento