giovedì 15 settembre 2011

Vaticano pagaci la manovra. 17 settembre manifestazione a Roma




Che il Vaticano sia una palla al piede per l’Italia, fiscalmente parlando, è oramai acclarato. Durante i mesi di questa calda estate un’ondata di disapprovazione e di sdegno nei confronti dei tanti privilegi di cui gode la Chiesa nel nostro paese è emersa, e anche fortemente. Il partito che l’ha giustamente cavalcata è stato quello dei Radicali, che nel chiedere un pizzico di equità sociale gli si fa anche un torto a definirli radicali. In questo senso, dovremmo essere tutti un po’ radicali. Soprattutto se per moderati s’intende poi Pd o Pdl, che tendono a confondere il moderatismo con il lassismo. Non staremo qui ad elencare i favori fiscali (dall’ottoxmille all’Ici) di cui la Chiesa è da tempo beneficiata, le inchieste de L’espresso fanno scuola. Proviamo piuttosto a chiederci perché la Chiesa gode di tali privilegi e perché nessuno accenna a inficiarli. La risposta è più semplice di quanto non sembri. Ed è questa: l’Italia è fondamentalmente un paese cattolico. Cattolico non in senso religioso, ma in senso politico. Da quando è stata fondata la Democrazia Cristiana, salvo un primo breve periodo di scetticismo, la Chiesa ha prestamente compreso i vantaggi che poteva trarre da un’ingerenza o anche solo influenza nella gestione del paese. Sebbene la sfera religiosa e quella politica sembrino, a primo acchitto, completamente estranee l’un all’altra, in molti paesi occidentali, e soprattutto in Italia, esse sono più intrecciate di quanto la ragione e la prassi consiglino. Basti pensare al fatto che l’istituto sacrosanto del referendum è nato in seguito all’approvazione della legge sul divorzio, nel 1970. Si pensava, scioccamente, di poter abrogare fin da subito tale legge, complice anche la mancata comprensione della natura della società italiana che, sebbene si professi sempre fedele ai dogmi cattolici, nel privato non esita a infrangerli.
Domani 17 settembre è prevista una manifestazione a Roma per dar voce a tutti coloro che sono oramai stanchi dei privilegi vaticani. Una manifestazione sacrosanta, è bene dirlo e ribadirlo. Essa è certamente un passo ulteriore nel processo di secolarizzazione del clericalismo, che da ben due millenni ci attanaglia. Ciò nonostante, siamo ancora all’inizio del cammino. Si badi, qui non si sta criticando la Chiesa da un punto di vista religioso, ma solo da quello clericale e politico. Ognuno è libero di credere alle fesserie che vuole, a patto che queste fesserie non portino con sé uno strascico nella gestione di un paese quale è l’Italia. Comunque, per chiunque si aspetti una subitanea presa di coscienza da parte della società civile e della classe politica dell’impellenza di affrontare questa tematica, è il caso di smorzare un po’ le aspettative. Nella manovra, è fuor di dubbio, non ci sarà nessuna abolizione né tantomeno ridimensionamento dei privilegi del Vaticano. Ed è assolutamente ragionevole. In Italia, paese fortemente cattolico, quanto dice la Chiesa è legge. In uno stato governato da un piazzista la cui condotta sarebbe facilmente e doverosamente attaccabile dalle alte sfere del clero e che pure ne è immune (salvo qualche critichina d’obbligo), è evidente l’esistenza di una connivenza tra potere politico e potere religioso. In tempi di crisi, dove per fare una manovra è quasi impossibile reperire fondi senza sollevare proteste di categoria, sarebbe fin troppo semplice dare un taglio netto ai benefici fiscali del Vaticano per irrorare le casse dello Stato. Tuttavia, se vogliamo rendere un favore alla nostra intelligenza, dobbiamo evitare di stupirci se nessuno lo fa. E fa anche bene a non farlo. Quale partito politico attaccherebbe il ventre del Vaticano ben sapendo che il più vasto bacino elettorale del paese è proprio quello cattolico? La Chiesa, in tal caso, impiegherebbe meno di un secondo per far perdere a un partito quel 10% (se non di più) di voti, ammazzando definitivamente le sue speranze elettorali e condannandolo all’oblio politico. Non è un caso, infatti, che in ogni partito ci siano le correnti cattoliche, e di solito sono anche le più influenti.


Insomma, va bene oggi scendere in piazza e protestare contro i privilegi fiscali del Vaticano. A patto che le domeniche, piuttosto che andare nelle piazze, si vada a protestare all’uscita delle chiese. Solo così infatti si potranno informare i cittadini di come quella Chiesa, che essi venerano ciecamente, non esiti a rubare l’argenteria in casa loro. E di come lo faccia anche sfacciatamente, perdio.

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